Terzo libro: “Il fondo della
bottiglia” di Georges Simenon. Un romanzo molto americano e per
niente giallo. Un Simenon più che inedito molto distante da altre opere.
Anche se non bisogna stupirsi, è un grande narratore. E ridurlo alla serie
del Commissario Maigret è riduttivo e ingiusto nei suoi confronti. I Maigret
sono tutti eccezionali, non c’è dubbio, ma altri romanzi, altre opere
completano il percorso in modo dettagliato e completo del grande scrittore.
In questo libro, come dicevo, molto americano, non solo per l’ambientazione
ma anche per lo spirito racconta la storia di due fratelli. Uno arricchito,
il sogno di una Nazione, e l’altro preso nell’ingranaggio di non essere
riuscito, il declino di una Nazione, in un contesto selvaggio e “naturale” al
confine con il Messico. Anche i personaggi di contorno fanno parte di un
America forte e debole nello stesso tempo, con le proprie contraddizioni, mai
risolte. I due fratelli sembrano vivere il loro incontro scontro, dopo anni,
come un dramma shakespeariano e rancori, invidie, gelosie, accuse e
intolleranze escono fuori in un gioco di specchi. Chi dei due è il cattivo e
chi il buono? Tutti e due o forse nessuno o sono semplicemente gocce d’acqua
in una fitta pioggia. Con un finale a sorpresa o forse no, senz’altro
piacerebbe ai sessantottini. Liberatorio e insolito. Un Simenon diverso ma
nello stesso tempo uguale a se stesso. Come lo sono i grandi scrittori.
Meditate. M. Nove
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