Leggende
metropolitane narrano di isole di plastica che nascono e non muoiono mai
galleggiare libere e selvagge negli oceani. Naturalmente come ogni leggenda o
la si ignora o la si teme oppure ci si volta dall’altra parte. Intanto loro
sono lì in balia delle correnti come monito delle future generazioni. Quelle
stesse che con la vita sempre più tecnologica sono i primi “consumatori” di
plastica.
Vista
dall’alto o da sotto può sembrare spettacolare, con quei colori, eterni, i
riflessi del sole, lo sciabordio dell’acqua su quelle superfici. Bello e
pericoloso, per le specie trasportate dalle correnti e in cerca di cibo. I
pesci piccoli mangiano e trovano riparo tra i detriti, quelli più grossi
mangiano i primi arrivati e a loro volta si nascondono. Poi arrivano quelli
sempre più grandi, in quella catena alimentare che è il mare. Senza
dimenticare che arriva sulla nostra tavola. Buttiamo una bottiglia per
disfarcene e la mangeremo in seguito senza poterla smaltire più.
I segni
premonitori sono oltre allo formarsi delle isole anche lo spiaggiamento di
specie in via di estinzione e di grandi proporzioni. Tenendo conto che non è
solo la plastica in se stessa a essere pericolosa ma anche i residui da loro
contenuti. Quando si parla di plastica ci viene subito in mente le bottiglie
d’acqua dimenticandoci di quelle del detersivo per esempio, dei saponi, dei
contenitori di batterie e accessori elettronici e altro. In fondo viviamo
nella plastica. Plastica che come i zombie non muoiono mai e sono alla caccia
continua di noi comuni mortali.
M. Nove
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