08/03/18

Oggi è festa per la donna... gli altri giorni è solo un "togligonna"!


La voce della polvere           
8 marzo festa della Donna
Num. 002                                                           M. Nove
Di seguito un elenco di liriche create da poetesse e raccolte in un piccolo libro, inserto della rivista “Avvenimenti” del 1993. Sul libretto sono inserite altre poetesse. Non di minor importanza.
Isabella Morra (1520 – 1546)                                             
Sopra la rocca c'è Isabella, anima mia,
Consuma gli occhi e guarda il mare
Messa in prigione dai fratelli, bella mia
Chi vuol venirla a liberare?

D'un alto monte onde si vede il mare
miro sovente io, tua figlia Isabella
s'alcun legno spalmato in quello appare
che di te, padre, a me doni novella.

Gioca alla morra le sue carte, anima mia
e pugno, e pietra e una carrozza,
e tuo fratello sulla soglia, bella mia
è lui la forbice che sgozza.

Ma la mia incerta e dispietata stella
non vuol ch'alcun conforto possa entrare,
nel tristo cor, che di pietate è nulla
la calda speme in pianto fa mutare.

Sopra la rocca il vento vola, anima mia
il mare frange nella gola,
la vita aspetta sola sola, bella mia,
che poi si chiuda la tagliola.

Ma non veggo nel mar remo né vela,
così deserto è lo infelice lito
che il mare solchi o che lo solchi il vento
io non veggo nel mar remo né vela.

Contro fortuna allor spargo querela
e tengo in odio il denigrato sito
come sola cagion del mio tormento,
contro fortuna allor sporgo querela.

Sopra la rocca c'è Isabella, anima mia,
ha chiuso gli occhi e vede il mare.
Messa in prigione su una stella, bella mia,
chi vuol venirla a liberare?
Gaspara Stampa  (1523-1554)
Piangete, donne, e con voi pianga Amore,
poi che non piange lui, che m'ha ferita
sì, che l'alma farà tosto partita
da questo corpo tormentato fuore.

E, se mai da pietoso e gentil core
l'estrema voce altrui fu essaudita,
dapoi ch'io sarò morta e sepelita,
scrivete la cagion del mio dolore:

«Per amar molto ed esser poco amata
visse e morì infelice, ed or qui giace
la più fidel amante che sia stata.

Pregale, viator, riposo e pace,
ed impara da lei, sì mal trattata,
a non seguir un cor crudo e fugace».

Sibilla Aleramo (1876 – 1960)
Son tanto brava lungo il giorno.
Comprendo, accetto, non piango.
Quasi imparo ad aver orgoglio
quasi fossi un uomo.
Ma, al primo brivido di viola in cielo
ogni diurno sostegno dispare.
Tu mi sospiri lontano:
<Sera, sera dolce e mia!>
Sembrami d'aver fra le dita la
stanchezza di tutta la terra.
Non son più che sguardo,
sguardo sperduto, e vene.
GABRIELA MISTRAL (1889 - 1957)
Dammi la mano e danzeremo
Dammi la mano e mi amerai
come un solo fior saremo
come un solo fiore e niente più.
Lo stesso verso canteremo
allo stesso passo danzerai
Come una spiga onduleremo
come una spiga e niente più.
Ti chiami rosa e io speranza
ma il tuo nome dimenticherai
perchè saremo una danza
sulla collina e niente più.
Antonia Pozzi (1912 – 1938)
« Triste orto abbandonato l'anima
si cinge di selvagge siepi
di amori:
morire è questo
ricoprirsi di rovi
nati in noi »
Fernanda Romagnoli (1916 – 1986)
« E fra tutti che parlano – lui ascolta.
Fra tante risa cerca di sorridere.
Inetto, benché arda,
a sostenere quel peso di splendori,
si sente grato se qualcuno casualmente
lo guarda. Quando in cuore
si smarrisce atterrito: sto per piangere!
E all’improvviso capisce
che siede un’ombra al suo posto,
che – entrando – lui è rimasto chiuso fuori. »
Margherita Guidacci (1921 – 1992)
Il tuo ricordo, sul fondo
della mia solitudine,
ne rivela l’ampiezza
e tuttavia la limita.
Così un canto d’uccello
addolcisce l’immensità del cielo
e una singola vela
rende umano il mare.
Cristina Campo (1923 - 1977)
Amore, oggi il tuo nome
al mio labbro è sfuggito
come al piede l’ultimo gradino…
Ora è sparsa l’acqua della vita
e tutta la lunga scala
è da ricominciare.
T’ho barattato, amore, con parole.
Buio miele che odori
dentro diafani vasi
sotto mille e seicento anni di lava –
Ti riconoscerò dall’immortale
silenzio.





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